Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona del
presidente  della  giunta  provinciale  pro  tempore, autorizzato con
deliberazione  della  giunta  provinciale  n. 48  del 17 gennaio 2003
(all.  1),  rappresentata  e difesa - come da procura speciale del 17
gennaio  2003,  n. 25788 di rep., rogata dal dott. Tommaso Sussarellu
in  qualita'  di  ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2) -
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi
di  Roma,  con  domicilio  eletto  in Roma presso lo studio dell'avv.
Manzi, via Confalonieri n. 5;
    Contro   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  per  la
dichiarazione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,
del  decreto-legge  25  settembre 2002, n. 210, come convertito dalla
legge   22   novembre   2002,   n. 266,  conversione  in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante
disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di
rapporti  di  lavoro  a  tempo  parziale,  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  -  Serie  generale  -  n. 275  del  23  novembre 2002; per
violazione:
        dell'art.  8,  nn. 1,  5  e  6,  11,  13, 14, 15, 16, 17, 21,
dell'art.  9,  nn.  4,  5,  9  e  10, nonche' dell'art. 16 del d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670;
        delle  norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale, ed in
particolare  del  d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280, del d.P.R. 26 gennaio
1980, n. 197, dell'art. 15, comma 2, d.P.R. n. 526/1987 nonche' degli
articoli 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266;
        dell'art. 117,   commi   3   e   4,  della  Costituzione,  in
connessione con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3;
        del  principio  di  leale collaborazione e dell'art. 2 d.lgs.
n. 281 del 1997, per i profili e nei modi di seguito illustrati.

                              F a t t o

    L'art. 1,  comma  2, del qui impugnato decreto-legge 25 settembre
2002,  n. 210,  convertito  con  legge  22  novembre 2002, n. 266, ha
sostituito  l'art. 1-bis  della legge 18 ottobre 2001, n. 383, con un
nuovo   art. 1-bis,  disciplinante  la  c.d.  procura  di  "emersione
progressiva" del lavoro sommerso.
    Secondo tale disposizione, gli imprenditori possono presentare un
"piano  individuale di emersione" al fine di adeguarsi "agli obblighi
previsti  dalla  normativa  vigente  per  l'esercizio dell'attivita',
relativamente  a  materie  diverse  da quella fiscale e retributiva",
nonche' "agli obblighi previsti dai contratti collettivi nazionali di
lavoro  in  materia di trattamento economico" (comma 2, lett. a e b).
Il  piano  (che  deve  indicare  "il  numero  e  la remunerazione dei
lavoratori  che  si intende regolarizzare": lett. c) va presentato al
Comitato  per  il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES), istituito
presso  ciascuna  direzione  provinciale  del  lavoro  (che svolge le
funzioni  di  segreteria) e composto di 16 membri otto dei quali sono
designati  da  otto  diversi organismi e soggetti pubblici (Ministero
lavoro,   Ministero  ambiente,  INPS,  INAIL  ASL,  comune,  regione,
prefettura)  e  otto  dai  sindacati  dei  datori  di  lavoro  e  dei
prestatori  di  lavoro. Tutti i membri sono nominati dal prefetto (in
provincia  di  Trento  la  competenza  spetterebbe al Commissario del
Governo).
    I CLES cosi' costituiti hanno il compito di "valutare le proposte
di  progressivo  adeguamento agli obblighi di legge diversi da quelli
fiscali  e  previdenziali formulando eventuali proposte di modifica",
di  "valutare  la  fattibilita'  tecnica  dei  contenuti del piano di
emersione",  di  "definire,  nel  rispetto  degli  obblighi di legge,
temporanee   modalita'   di   adeguamento  per  ciascuna  materia  da
regolarizzare",  infine  di  "verificare  la conformita' del piano di
emersione ai minimi contrattuali contenuti negli accordi sindacali di
cui al comma 2" (comma 5).
    Se  le  "proposte  per il progressivo adeguamento ... coinvolgono
interessi  urbanistici  e  ambientali,  il CLES sottopone il piano al
parere del comune competente "il quale esprime un "parere vincolante"
(comma 5-bis).
    In  base  al  comma  8 poi, il CLES ha il compito di approvare il
piano  individuale  di  emersione  "nell'ambito  delle linee generali
definite dal CIPE"; e nell'esercizio di tale competenza ha ovviamente
il  potere  di  respingere  il piano o di concordare modifiche che ne
consentano   l'approvazione   (comma  9).  L'approvazione  "comporta,
esclusivamente  per  le  violazioni  oggetto  di regolarizzazione, la
sospensione,    gia'    nel    corso   dell'istruttoria   finalizzata
all'approvazione del piano stesso, di eventuali ispezioni e verifiche
da  parte  degli  organi  di  controllo e vigilanza nei confronti del
datore di lavoro che ha presentato il piano" (comma 15).
    Infine,  si  prevede  (comma  10)  che  "le autorita' competenti,
previa  verifica  della  avvenuta attuazione del piano, rilasciano le
relative autorizzazioni entro sessanta giorni" e che "l'adeguamento o
la  regolarizzazione  si  considerano,  a  tutti  gli  effetti,  come
avvenuti   tempestivamente   e  determinano  l'estinzione  dei  reati
contravvenzionali  e  delle  sanzioni  connesse  alla  violazione dei
predetti obblighi".
    Come  si  vede,  la disciplina in questione interviene in diverse
materie  di competenza della Provincia autonoma di Trento. Poiche' la
regolarizzazione  riguarda  gli  "obblighi  previsti  dalla normativa
vigente  per  l'esercizio  dell'attivita',  relativamente  a  materie
diverse  da  quella  fiscale  e  retributiva", senz'altro la legge in
oggetto   "tocca"   le   materie  dell'urbanistica,  dell'ambiente  e
dell'igiene  e  sanita'.  In  esse la Provincia autonoma di Trento ha
competenza  primaria  o  concorrente, ai sensi dell'art. 8, nn. 5, 6,
11,  13,  14,  15, 16, 17, 21, e dell'art. 9, nn.  9 e 10. Del resto,
che   l'art. 1-bis,   legge   n. 383/2001  riguardi  l'urbanistica  e
l'ambiente  e' espressamente confermato dal comma 5-bis, che menziona
appunto tali materie.
    La  regolarizzazione  prevista,  pero', dovrebbe riguardare anche
gli  obblighi  previsti  in  materia  di  sicurezza sul lavoro. Anche
questa  materia  e' di competenza provinciale, sia ai sensi dell'art.
1,  comma  2, d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, norme di attuazione dello
statuto  per  la  regione  Trentino-Alto Adige in materia di igiene e
sanita' (in base al quale nelle attribuzioni trasferite alle Province
"sono  comprese  anche  l'igiene  e  medicina  del lavoro, nonche' la
prevenzione   degli   infortuni   sul   lavoro   e   delle   malattie
professionali") sia, ora, ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., che
attribuisce  alla  competenza  concorrente delle regioni ordinarie (e
delle  regioni  speciali,  se  questa  norma  sia piu' favorevole, in
virtu'  della  nota clausola di cui all'art. 10, legge costituzionale
n. 3/2001)  la  materia  "tutela  e  sicurezza  del lavoro". A questa
stregua,  tra  l'altro, deve considerarsi non piu' operante l'art. 3,
n. 12),  del  medesimo  d.P.R.  n. 474,  il  quale manteneva ferme le
competenze statali in relazione "alla vigilanza e tutela del lavoro".
    Alla  materia  "tutela  del  lavoro",  e  dunque  alla competenza
provinciale,  si  puo' ascrivere anche quella norma del decreto-legge
n. 210/2002  che  prevede l'adeguamento del trattamento economico dei
lavoratori.
    Inoltre,  poiche'  l'art. 1, comma 2, d.l. n. 210/2002 attiene in
generale  alla  regolarizzazione dei lavoratori, esso incide su altre
materie di competenza provinciale, cioe' su quelle di cui all'art. 9,
n. 4  ("apprendistato; libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei
lavoratori"),  e  n. 5  ("costituzione e funzionamento di commissioni
comunali e provinciali di controllo sul collocamento") dello Statuto.
    Se  poi  si  guarda alle norme impugnate dal punto di vista delle
attivita'  oggetto della regolarizzazione, si puo' constatare come la
legge  parli  genericamente  di  attivita'  di  impresa: ora, poiche'
questa  comprende  l'attivita'  industriale, commerciale e agricola e
poiche'  queste tre materie ricadono ormai tutte nell'art. 117, comma
4,  Cost.,  ne  risulta che, anche da questo punto di vista, la legge
impugnata interviene in materie di piena potesta' provinciale.
    Infine,  e'  da  tenere presente che l'art. 9-bis d.P.R. 22 marzo
1974,  n. 280  (aggiunto  dal  d.lgs. n. 430/1995), ha "delegato alle
Province  autonome  di  Trento  e Bolzano, l'esercizio delle funzioni
amministrative   attribuite   all'ufficio  regionale  e  agli  uffici
provinciali  del  lavoro  e  della  massima  occupazione  di Trento e
Bolzano nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego ricadenti
nei  rispettivi  territori",  trasferendo  alle  province  i relativi
uffici  e prevedendo che esse disciplinino con legge l'organizzazione
delle  funzioni  delegate.  Dunque,  in  provincia  di Trento il CLES
dovrebbe  essere istituito presso il competente servizio provinciale:
e  sotto  questo  profilo  la  legge statale interferisce anche nella
materia  dell'organizzazione  provinciale  di  cui  all'art. 8, n. 1,
dello statuto.
    L'art.  1,  comma  2,  d.l.  n. 210  non contiene una clausola di
salvaguardia  delle competenze provinciali e cio', unitamente al tono
generale  della  disciplina,  induce  a  ritenere  che  esso  intenda
applicarsi  direttamente  anche  nella  provincia  di Trento. D'altra
parte, le province autonome non sono neppure espressamente menzionate
dalle  norme  impugnate  e  cio' lascia spazio anche ad una possibile
"interpretazione adeguatrice", in virtu' della quale - secondo l'art.
2  d.lgs. n. 266/1992 - l'art. 1, comma 2, non sarebbe immediatamente
applicabile  nel  territorio  provinciale  ma  farebbe  sorgere  meri
obblighi  di  adeguamento  nella  misura in cui concreti i limiti dei
diversi  tipi  di  potesta'  legislativa  provinciale: cioe', dopo la
legge   costituzionale  n. 3/2001,  nella  misura  in  cui  la  legge
n. 266/2002 esprima principi fondamentali nelle materie di competenza
concorrente.
    Naturalmente qualora ad avviso di codesta Corte costituzionale la
disposizione   impugnata   fosse   da  intendere  in  questi  termini
verrebbero meno le ragioni di doglianza esposte nel presente ricorso.
    Qualora,  invece,  la disciplina di cui all'art. 1, comma 2, d.l.
n. 210/2002  sia ritenuta applicabile nella provincia di Trento, essa
risulta  ad  avviso  della  ricorrente  provincia  costituzionalmente
illegittima per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1.  -  Illegittimita' per violazione delle competenze legislative
della Provincia autonoma di Trento.
    Come  sopra illustrato, l'art. 1-bis della legge n. 383 del 2001,
come  introdotto dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 210/2002,
disciplina  in modo dettagliato una procedura di regolarizzazione che
da  un lato rientra di per se stessa nella materia tutela del lavoro,
oggetto   di   potesta'   legislativa  concorrente  della  provincia,
dall'altro   riferimento  ad  obblighi  facenti  capo  a  materie  di
competenza provinciale primaria o concorrente.
    Esso  interviene  in  modo  fortemente  derogatorio nelle diverse
materie sopra indicate, rimettendo in toto la decisione sull'avvenuto
adeguamento,  da  parte dell'imprenditore, ad obblighi facenti capo a
importanti   materie  di  competenza  provinciale  (salvo  il  parere
vincolante  dei  comuni - da esprimere pero' entro trenta giorni - in
materia  di  urbanistica  e  di  ambiente),  ad  un organo che non si
caratterizza  come organo provinciale, la cui composizione e' inoltre
interamente e dettagliatamente determinata dalla legge statale: cioe'
al CLES, che per di piu' dovrebbe essere nominato dal Commissario del
Governo presso la provincia stessa.
    Si  tratta, ad avviso della ricorrente provincia, in relazione ad
essa   di  una  vera  mostruosita'  giuridica.  In  primo  luogo,  e'
arbitrario  l'affidamento  di  funzioni  amministrative nelle materie
provinciali  ad  un  organo,  il CLES, che o addirittura e' un organo
estraneo  alla provincia (come lascerebbe pensare il potere di nomina
affidato  ad  un  organo  statale,  con  la  conseguenza della totale
invasione  delle funzioni legislative ed amministrative provinciali),
o  e'  istituito come organo provinciale, con la conseguenza comunque
della   violazione   della   potesta'   legislativa   in  materia  di
organizzazione   provinciale,   oltre   che   nelle   materie  incise
dall'intervento, e con la ulteriore assurdita' giuridica della nomina
da parte di un organo statale.
    In  secondo  luogo, tale organo esautora le autorita' che secondo
lo  statuto  e  le  leggi  provinciali  sono competenti nelle diverse
materie  coinvolte nell'intervento. Una volta approvato (dal CLES) ed
attuato  il  piano,  infatti,  le  autorita' competenti sono tenuto a
rilasciare  le  relative autorizzazioni e si produce l'estinzione non
solo  dei  reati  ma  di  tutte  le  sanzioni  (v. l'art. 1-bis legge
n. 383/2001, comma 10).
    Dunque,  la  normativa di cui all'art. 1-bis viola chiaramente le
competenze   legislative  garantite  alla  provincia  dallo  statuto,
nonche'  dall'art.  117,  commi  3  e  4, Cost., sia sotto il profilo
dell'autonomia  nella  fissazione  della  disciplina,  sia  sotto  il
profilo della diretta incidenza nell'ordinamento provinciale.
    Sotto  il  primo profilo, infatti, la legislazione provinciale e'
soggetta  a  diversi  limiti  a  seconda  che  la materia considerata
rientri  nella  potesta'  primaria  ai  sensi dell'art. 117, comma 4,
Cost.,  ovvero  nella  potesta'  primaria  ai sensi dell'art. 8 dello
statuto, ovvero della potesta' concorrente ai sensi dell'art. 9 dello
statuto o del comma 3 dell'art. 117 Cost.
    Nel  primo  caso,  infatti,  la  Provincia  autonoma di Trento e'
soggetta   solo   al  limite  della  Costituzione  e  degli  obblighi
internazionali   e   comunitari   (v.  l'art. 117,  comma  1,  Cost.,
applicabile  ex art. 10, legge costituzionale n. 3/2001), nel secondo
anche  al  limite delle norme fondamentali delle riforme economiche e
sociali,  mente  nelle materie di potesta' concorrente si aggiunge il
limite dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali.
    Ora, in ogni modo il solo principio fondamentale ricavabile dalla
normativa  statale  e'  quello  che  consente  l'emersione del lavoro
sommerso   attraverso   il   progressivo  adeguamento  a  determinati
obblighi,  e tale principio, inerente alla materia tutela del lavoro,
vincola anche la ricorrente provincia. Per il resto, si tratta invece
di  disposizioni  di dettaglio, che rientrano nella sola ed esclusiva
potesta' della ricorrente provincia. Di qui un evidente contrasto con
lo statuto speciale, sia in se' che come "integrato" dal nuovo titolo
V.
    Non  meno evidente e' poi che la pretesa di dettare in materia di
competenza provinciale norme non solo di dettaglio ma autoapplicative
e  direttamente  operanti  viola  l'art. 2  del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266,  a  termini del quale le disposizioni di legge statale non si
applicano  direttamente  ma  determinano  l'obbligo  della  provincia
stesso  di adeguare la propria legislazione, nella misura in cui tale
adeguamento  sia  dovuto in relazione ai limiti propri della potesta'
legislativa provinciale, come sopra esposti.
    2.    -    Illegittimita'   per   violazione   delle   competenze
amministrative della Provincia autonoma di Trento.
    Il  nuovo  art. 1-bis legge n. 383/2001 attribuisce la competenza
all'approvazione  del piano di emersione ad un organismo da istituire
presso  un  ufficio  gia'  trasferito  alla provincia e la cui nomina
spetta al prefetto (cioe', al Commissario del Governo).
    Le  decisioni prese vincolano le autorita' competenti in materia,
che  devono  solo  verificare  l'avvenuta attuazione del piano (comma
10);  ma  gia'  l'istruttoria  finalizzata all'approvazione del piano
sospende  le  ispezioni e verifiche da parte degli organi competenti.
Si  noti poi che il comma 1 attribuisce le funzioni di segreteria dei
CLES  alle  direzioni  provinciali del lavoro, che nella provincia di
Trento non esistono (per effetto del gia' citato art. 9-bis d.P.R. 22
marzo  1974,  n. 280),  per  cui  tali  funzioni  dovrebbero,  essere
assicurate dal competente servizio provinciale.
    Dunque  e'  evidente l'interferenza della disciplina in questione
sullo  svolgimento  delle funzioni amministrative di competenza della
Provincia  autonoma di Trento nelle diverse materie interessate dalla
legge.  Da  un  lato  vi e' addirittura esercizio diretto di funzioni
amministrative,  attraverso la nomina del CLES, e la stessa attivita'
del  CLES  ove  esso  debba  considerarsi organo statale (secondo del
resto   la  provenienza  della  maggior  parte  dei  suoi  elementi);
dall'altro vi e' il vincolo di contenuto all'esercizio delle funzioni
provinciali, che deriverebbe dall'attivita' dello stesso CLES.
    In entrambi i casi, in particolare, e' violato l'art. 4, comma 1,
d.lgs.  n. 266/1992,  in  base  al quale "nelle materie di competenza
propria  della  regione  o  delle province autonome la legge non puo'
attribuire  agli  organi  statali  funzioni  amministrative, comprese
quelle  di  vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di
violazioni  amministrative,  diverse  da  quelle spettanti allo Stato
secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione".
    3.  -  Violazione  della  competenza  provinciale  in  materia di
funzioni comunali.
    Nell'ambito  del  procedimento,  poi, come visto, sono attribuite
competenze  direttamente  ai  comuni  (art. 1-bis  legge n. 383/2001,
comma 5-bis) ed al CIPE (comma 8).
    La  previsione  del  parere  vincolante comunale viola l'art. 15,
comma  2, d.P.R. n. 526/1987, secondo cui "al trasferimento ai comuni
di  funzioni  amministrative  rientranti  nelle materie di competenza
della  Regione  o  delle  Province  si provvede, rispettivamente, con
legge  regionale  e  provinciale".  Tale disposizione infatti riserva
alla  legge  provinciale  l'attribuzione  di funzioni ai comuni nelle
materie provinciali.
    4. - Violazione del principio di leale collaborazione per mancato
coinvolgimento    delle    autonomie   regionali   nel   procedimento
legislativo.
    A  quanto  risulta, ne' in sede di adozione del decreto-legge ne'
in  sede  di  adozione  del  disegno  di  legge  di  conversione  ne'
nell'esame  parlamentare  di tale disegno le autonomie regionali sono
state  consultate  attraverso  la  Conferenza Stato-Regioni. Poiche',
come   visto,   la  disciplina  qui  impugnata  riguarda  materie  di
competenza  regionale,  tale mancato coinvolgimento lede il principio
di  leale  collaborazione,  espressamente menzionato ora nel titolo V
della Costituzione.
    In   particolare,  risulta  violato  l'art. 2,  comma  3,  d.lgs.
n. 281/1997,  in  base  al  quale  "la  Conferenza  Stato-Regioni  e'
obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e
di  decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di
competenza  delle  regioni  o  delle province autonome di Trento e di
Bolzano".  Ne'  si  puo'  obiettare  che,  nel  caso  di  specie,  la
consultazione  non  era possibile, dato che l'art. 2, comma 5, d.lgs.
n. 281  disciplina  espressamente  i  casi  di  urgenza:  "quando  il
Presidente del Consiglio dei ministri dichiara che ragioni di urgenza
non   consentono   la   consultazione   preventiva,   la   Conferenza
Stato-Regioni e' consultata successivamente ed il Governo tiene conto
dei  suoi  pareri:  a)  in  sede di esame parlamentare dei disegni di
legge  o  delle  leggi  di conversione dei decreti-legge". Dunque, la
mancata consultazione della Conferenza risulta comunque illegittima.
    Si  tenga presente, per comprendere l'importanza del principio di
leale  collaborazione  nel  nuovo titolo V, anche il modo in cui esso
viene concretato dall'art. 11 legge Cost. n. 3/2001.
    La  circostanza  che  non sia ancora stata realizzata la speciale
composizione   integrata   della   commissione  parlamentare  per  le
questioni  regionali  non  toglie  che il principio di partecipazione
regionale  al procedimento legislativo delle leggi statali ordinarie,
quando  queste  intervengono in materia di competenza concorrente, ha
ora espresso riconoscimento costituzionale.
    Del  resto,  e'  da sottolineare che codesta Corte costituzionale
gia'  nella sent. n. 398 del 1998 (punto 16 del Diritto) ha annullato
una  norma  legislativa  statale incidente sulle competenze regionali
per   mancato   coinvolgimento   delle   regioni   nel   procedimento
legislativo.
    5.  -  Illegittimita'  dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 25
settembre  2002,  n. 210,  per  il  caso che venga riferito a materia
delegata alla Provincia autonoma di Trento.
    Come  si e' gia' visto, l'art. 9-bis d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280
(aggiunto   dal  d.lgs.  n. 430/1995),  ha  "delegato  alle  Province
autonome   di   Trento   e   Bolzano,   l'esercizio   delle  funzioni
amministrative   attribuite   all'ufficio  regionale  e  agli  uffici
provinciali  del  lavoro  e  della  massima  occupazione  di Trento e
Bolzano nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego ricadenti
nei  rispettivi  territori",  trasferendo  alle  province  i relativi
uffici  e prevedendo che esse disciplinino con legge l'organizzazione
delle funzioni delegate.
    Si  potrebbe  dunque ipotizzare che le norme impugnate riguardino
non  materie di competenza propria della Provincia autonoma di Trento
ma una materia delegata.
    A  parere della provincia questa interpretazione non e' corretta,
in  quanto le norme impugnate intervengono in materie (indicate nella
parte  in  Fatto)  proprie  della  provincia  ai  sensi dello statuto
speciale o, ora, rientranti nell'art. 117, commi 3 e 4, Cost., ne' il
carattere   proprio   delle   funzioni  puo'  essere  smentito  dalla
circostanza  che  il  CLES  debba essere istituito presso uffici gia'
titolari  di funzioni delegate: funzioni del resto che, comunque, non
rientrano  nelle  materie  di  cui  all'art. 117,  comma  2,  per cui
anch'esse  devono  ormai  considerarsi  di  competenza  propria della
provincia.
    Inoltre, si puo' osservare che l'art. 1-bis legge n. 383/2001 non
attribuisce  funzioni  propriamente  alle  direzioni  provinciali del
lavoro,  ma  ad  un organo istituito presso le direzioni, composto di
membri designati dai soggetti piu' vari e nominati dal prefetto.
    Le  direzioni  provinciali  del lavoro, dunque, piu' che titolari
della funzione appaiono come i supporti organizzativi dei CLES.
    Comunque,  se  anche  si  volesse far ricadere l'art. 1-bis legge
n. 383/2001  nel  regime  di cui all'art. 9-bis d.P.R. 22 mazzo 1974,
n. 280,  si  porrebbe  con  evidenza il problema della compatibilita'
della  disciplina  analitica statale con quanto disposto dallo stesso
art. 9-bis,  comma 3, secondo cui "le province disciplinano con legge
l'organizzazione  delle funzioni delegate". Con la delega le norme di
attuazione   affidano   all'autonomia   provinciale   la   disciplina
organizzativa  della funzione: il che appare poco compatibile con una
normativa  statale  che  dispone l'obbligatoria creazione, la precisa
composizione e la competenza statale alla nomina del CLES.
    Ne'  si puo' porre in dubbio l'impugnabilita' della norma statale
per  violazione  dell'art. 9-bis  d.P.R.  n. 280/1974:  da un lato le
norme di attuazione hanno, come noto, competenza riservata e separata
rispetto  alle  leggi  ordinarie statali, dall'altro la delega di cui
all'art. 9-bis ha senz'altro carattere "organico", avendo il "fine di
realizzare  nelle Province di Trento e Bolzano un organico sistema di
servizi per l'impiego".