Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 48 del 17 gennaio 2003 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 17 gennaio 2003, n. 25788 di rep., rogata dal dott. Tommaso Sussarellu in qualita' di ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2) - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, come convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 266, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 275 del 23 novembre 2002; per violazione: dell'art. 8, nn. 1, 5 e 6, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 21, dell'art. 9, nn. 4, 5, 9 e 10, nonche' dell'art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; delle norme di attuazione dello statuto speciale, ed in particolare del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280, del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, dell'art. 15, comma 2, d.P.R. n. 526/1987 nonche' degli articoli 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; dell'art. 117, commi 3 e 4, della Costituzione, in connessione con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; del principio di leale collaborazione e dell'art. 2 d.lgs. n. 281 del 1997, per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o L'art. 1, comma 2, del qui impugnato decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito con legge 22 novembre 2002, n. 266, ha sostituito l'art. 1-bis della legge 18 ottobre 2001, n. 383, con un nuovo art. 1-bis, disciplinante la c.d. procura di "emersione progressiva" del lavoro sommerso. Secondo tale disposizione, gli imprenditori possono presentare un "piano individuale di emersione" al fine di adeguarsi "agli obblighi previsti dalla normativa vigente per l'esercizio dell'attivita', relativamente a materie diverse da quella fiscale e retributiva", nonche' "agli obblighi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro in materia di trattamento economico" (comma 2, lett. a e b). Il piano (che deve indicare "il numero e la remunerazione dei lavoratori che si intende regolarizzare": lett. c) va presentato al Comitato per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES), istituito presso ciascuna direzione provinciale del lavoro (che svolge le funzioni di segreteria) e composto di 16 membri otto dei quali sono designati da otto diversi organismi e soggetti pubblici (Ministero lavoro, Ministero ambiente, INPS, INAIL ASL, comune, regione, prefettura) e otto dai sindacati dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro. Tutti i membri sono nominati dal prefetto (in provincia di Trento la competenza spetterebbe al Commissario del Governo). I CLES cosi' costituiti hanno il compito di "valutare le proposte di progressivo adeguamento agli obblighi di legge diversi da quelli fiscali e previdenziali formulando eventuali proposte di modifica", di "valutare la fattibilita' tecnica dei contenuti del piano di emersione", di "definire, nel rispetto degli obblighi di legge, temporanee modalita' di adeguamento per ciascuna materia da regolarizzare", infine di "verificare la conformita' del piano di emersione ai minimi contrattuali contenuti negli accordi sindacali di cui al comma 2" (comma 5). Se le "proposte per il progressivo adeguamento ... coinvolgono interessi urbanistici e ambientali, il CLES sottopone il piano al parere del comune competente "il quale esprime un "parere vincolante" (comma 5-bis). In base al comma 8 poi, il CLES ha il compito di approvare il piano individuale di emersione "nell'ambito delle linee generali definite dal CIPE"; e nell'esercizio di tale competenza ha ovviamente il potere di respingere il piano o di concordare modifiche che ne consentano l'approvazione (comma 9). L'approvazione "comporta, esclusivamente per le violazioni oggetto di regolarizzazione, la sospensione, gia' nel corso dell'istruttoria finalizzata all'approvazione del piano stesso, di eventuali ispezioni e verifiche da parte degli organi di controllo e vigilanza nei confronti del datore di lavoro che ha presentato il piano" (comma 15). Infine, si prevede (comma 10) che "le autorita' competenti, previa verifica della avvenuta attuazione del piano, rilasciano le relative autorizzazioni entro sessanta giorni" e che "l'adeguamento o la regolarizzazione si considerano, a tutti gli effetti, come avvenuti tempestivamente e determinano l'estinzione dei reati contravvenzionali e delle sanzioni connesse alla violazione dei predetti obblighi". Come si vede, la disciplina in questione interviene in diverse materie di competenza della Provincia autonoma di Trento. Poiche' la regolarizzazione riguarda gli "obblighi previsti dalla normativa vigente per l'esercizio dell'attivita', relativamente a materie diverse da quella fiscale e retributiva", senz'altro la legge in oggetto "tocca" le materie dell'urbanistica, dell'ambiente e dell'igiene e sanita'. In esse la Provincia autonoma di Trento ha competenza primaria o concorrente, ai sensi dell'art. 8, nn. 5, 6, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 21, e dell'art. 9, nn. 9 e 10. Del resto, che l'art. 1-bis, legge n. 383/2001 riguardi l'urbanistica e l'ambiente e' espressamente confermato dal comma 5-bis, che menziona appunto tali materie. La regolarizzazione prevista, pero', dovrebbe riguardare anche gli obblighi previsti in materia di sicurezza sul lavoro. Anche questa materia e' di competenza provinciale, sia ai sensi dell'art. 1, comma 2, d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita' (in base al quale nelle attribuzioni trasferite alle Province "sono comprese anche l'igiene e medicina del lavoro, nonche' la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali") sia, ora, ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., che attribuisce alla competenza concorrente delle regioni ordinarie (e delle regioni speciali, se questa norma sia piu' favorevole, in virtu' della nota clausola di cui all'art. 10, legge costituzionale n. 3/2001) la materia "tutela e sicurezza del lavoro". A questa stregua, tra l'altro, deve considerarsi non piu' operante l'art. 3, n. 12), del medesimo d.P.R. n. 474, il quale manteneva ferme le competenze statali in relazione "alla vigilanza e tutela del lavoro". Alla materia "tutela del lavoro", e dunque alla competenza provinciale, si puo' ascrivere anche quella norma del decreto-legge n. 210/2002 che prevede l'adeguamento del trattamento economico dei lavoratori. Inoltre, poiche' l'art. 1, comma 2, d.l. n. 210/2002 attiene in generale alla regolarizzazione dei lavoratori, esso incide su altre materie di competenza provinciale, cioe' su quelle di cui all'art. 9, n. 4 ("apprendistato; libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratori"), e n. 5 ("costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento") dello Statuto. Se poi si guarda alle norme impugnate dal punto di vista delle attivita' oggetto della regolarizzazione, si puo' constatare come la legge parli genericamente di attivita' di impresa: ora, poiche' questa comprende l'attivita' industriale, commerciale e agricola e poiche' queste tre materie ricadono ormai tutte nell'art. 117, comma 4, Cost., ne risulta che, anche da questo punto di vista, la legge impugnata interviene in materie di piena potesta' provinciale. Infine, e' da tenere presente che l'art. 9-bis d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280 (aggiunto dal d.lgs. n. 430/1995), ha "delegato alle Province autonome di Trento e Bolzano, l'esercizio delle funzioni amministrative attribuite all'ufficio regionale e agli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione di Trento e Bolzano nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego ricadenti nei rispettivi territori", trasferendo alle province i relativi uffici e prevedendo che esse disciplinino con legge l'organizzazione delle funzioni delegate. Dunque, in provincia di Trento il CLES dovrebbe essere istituito presso il competente servizio provinciale: e sotto questo profilo la legge statale interferisce anche nella materia dell'organizzazione provinciale di cui all'art. 8, n. 1, dello statuto. L'art. 1, comma 2, d.l. n. 210 non contiene una clausola di salvaguardia delle competenze provinciali e cio', unitamente al tono generale della disciplina, induce a ritenere che esso intenda applicarsi direttamente anche nella provincia di Trento. D'altra parte, le province autonome non sono neppure espressamente menzionate dalle norme impugnate e cio' lascia spazio anche ad una possibile "interpretazione adeguatrice", in virtu' della quale - secondo l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992 - l'art. 1, comma 2, non sarebbe immediatamente applicabile nel territorio provinciale ma farebbe sorgere meri obblighi di adeguamento nella misura in cui concreti i limiti dei diversi tipi di potesta' legislativa provinciale: cioe', dopo la legge costituzionale n. 3/2001, nella misura in cui la legge n. 266/2002 esprima principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente. Naturalmente qualora ad avviso di codesta Corte costituzionale la disposizione impugnata fosse da intendere in questi termini verrebbero meno le ragioni di doglianza esposte nel presente ricorso. Qualora, invece, la disciplina di cui all'art. 1, comma 2, d.l. n. 210/2002 sia ritenuta applicabile nella provincia di Trento, essa risulta ad avviso della ricorrente provincia costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Illegittimita' per violazione delle competenze legislative della Provincia autonoma di Trento. Come sopra illustrato, l'art. 1-bis della legge n. 383 del 2001, come introdotto dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 210/2002, disciplina in modo dettagliato una procedura di regolarizzazione che da un lato rientra di per se stessa nella materia tutela del lavoro, oggetto di potesta' legislativa concorrente della provincia, dall'altro riferimento ad obblighi facenti capo a materie di competenza provinciale primaria o concorrente. Esso interviene in modo fortemente derogatorio nelle diverse materie sopra indicate, rimettendo in toto la decisione sull'avvenuto adeguamento, da parte dell'imprenditore, ad obblighi facenti capo a importanti materie di competenza provinciale (salvo il parere vincolante dei comuni - da esprimere pero' entro trenta giorni - in materia di urbanistica e di ambiente), ad un organo che non si caratterizza come organo provinciale, la cui composizione e' inoltre interamente e dettagliatamente determinata dalla legge statale: cioe' al CLES, che per di piu' dovrebbe essere nominato dal Commissario del Governo presso la provincia stessa. Si tratta, ad avviso della ricorrente provincia, in relazione ad essa di una vera mostruosita' giuridica. In primo luogo, e' arbitrario l'affidamento di funzioni amministrative nelle materie provinciali ad un organo, il CLES, che o addirittura e' un organo estraneo alla provincia (come lascerebbe pensare il potere di nomina affidato ad un organo statale, con la conseguenza della totale invasione delle funzioni legislative ed amministrative provinciali), o e' istituito come organo provinciale, con la conseguenza comunque della violazione della potesta' legislativa in materia di organizzazione provinciale, oltre che nelle materie incise dall'intervento, e con la ulteriore assurdita' giuridica della nomina da parte di un organo statale. In secondo luogo, tale organo esautora le autorita' che secondo lo statuto e le leggi provinciali sono competenti nelle diverse materie coinvolte nell'intervento. Una volta approvato (dal CLES) ed attuato il piano, infatti, le autorita' competenti sono tenuto a rilasciare le relative autorizzazioni e si produce l'estinzione non solo dei reati ma di tutte le sanzioni (v. l'art. 1-bis legge n. 383/2001, comma 10). Dunque, la normativa di cui all'art. 1-bis viola chiaramente le competenze legislative garantite alla provincia dallo statuto, nonche' dall'art. 117, commi 3 e 4, Cost., sia sotto il profilo dell'autonomia nella fissazione della disciplina, sia sotto il profilo della diretta incidenza nell'ordinamento provinciale. Sotto il primo profilo, infatti, la legislazione provinciale e' soggetta a diversi limiti a seconda che la materia considerata rientri nella potesta' primaria ai sensi dell'art. 117, comma 4, Cost., ovvero nella potesta' primaria ai sensi dell'art. 8 dello statuto, ovvero della potesta' concorrente ai sensi dell'art. 9 dello statuto o del comma 3 dell'art. 117 Cost. Nel primo caso, infatti, la Provincia autonoma di Trento e' soggetta solo al limite della Costituzione e degli obblighi internazionali e comunitari (v. l'art. 117, comma 1, Cost., applicabile ex art. 10, legge costituzionale n. 3/2001), nel secondo anche al limite delle norme fondamentali delle riforme economiche e sociali, mente nelle materie di potesta' concorrente si aggiunge il limite dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. Ora, in ogni modo il solo principio fondamentale ricavabile dalla normativa statale e' quello che consente l'emersione del lavoro sommerso attraverso il progressivo adeguamento a determinati obblighi, e tale principio, inerente alla materia tutela del lavoro, vincola anche la ricorrente provincia. Per il resto, si tratta invece di disposizioni di dettaglio, che rientrano nella sola ed esclusiva potesta' della ricorrente provincia. Di qui un evidente contrasto con lo statuto speciale, sia in se' che come "integrato" dal nuovo titolo V. Non meno evidente e' poi che la pretesa di dettare in materia di competenza provinciale norme non solo di dettaglio ma autoapplicative e direttamente operanti viola l'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, a termini del quale le disposizioni di legge statale non si applicano direttamente ma determinano l'obbligo della provincia stesso di adeguare la propria legislazione, nella misura in cui tale adeguamento sia dovuto in relazione ai limiti propri della potesta' legislativa provinciale, come sopra esposti. 2. - Illegittimita' per violazione delle competenze amministrative della Provincia autonoma di Trento. Il nuovo art. 1-bis legge n. 383/2001 attribuisce la competenza all'approvazione del piano di emersione ad un organismo da istituire presso un ufficio gia' trasferito alla provincia e la cui nomina spetta al prefetto (cioe', al Commissario del Governo). Le decisioni prese vincolano le autorita' competenti in materia, che devono solo verificare l'avvenuta attuazione del piano (comma 10); ma gia' l'istruttoria finalizzata all'approvazione del piano sospende le ispezioni e verifiche da parte degli organi competenti. Si noti poi che il comma 1 attribuisce le funzioni di segreteria dei CLES alle direzioni provinciali del lavoro, che nella provincia di Trento non esistono (per effetto del gia' citato art. 9-bis d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280), per cui tali funzioni dovrebbero, essere assicurate dal competente servizio provinciale. Dunque e' evidente l'interferenza della disciplina in questione sullo svolgimento delle funzioni amministrative di competenza della Provincia autonoma di Trento nelle diverse materie interessate dalla legge. Da un lato vi e' addirittura esercizio diretto di funzioni amministrative, attraverso la nomina del CLES, e la stessa attivita' del CLES ove esso debba considerarsi organo statale (secondo del resto la provenienza della maggior parte dei suoi elementi); dall'altro vi e' il vincolo di contenuto all'esercizio delle funzioni provinciali, che deriverebbe dall'attivita' dello stesso CLES. In entrambi i casi, in particolare, e' violato l'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 266/1992, in base al quale "nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione". 3. - Violazione della competenza provinciale in materia di funzioni comunali. Nell'ambito del procedimento, poi, come visto, sono attribuite competenze direttamente ai comuni (art. 1-bis legge n. 383/2001, comma 5-bis) ed al CIPE (comma 8). La previsione del parere vincolante comunale viola l'art. 15, comma 2, d.P.R. n. 526/1987, secondo cui "al trasferimento ai comuni di funzioni amministrative rientranti nelle materie di competenza della Regione o delle Province si provvede, rispettivamente, con legge regionale e provinciale". Tale disposizione infatti riserva alla legge provinciale l'attribuzione di funzioni ai comuni nelle materie provinciali. 4. - Violazione del principio di leale collaborazione per mancato coinvolgimento delle autonomie regionali nel procedimento legislativo. A quanto risulta, ne' in sede di adozione del decreto-legge ne' in sede di adozione del disegno di legge di conversione ne' nell'esame parlamentare di tale disegno le autonomie regionali sono state consultate attraverso la Conferenza Stato-Regioni. Poiche', come visto, la disciplina qui impugnata riguarda materie di competenza regionale, tale mancato coinvolgimento lede il principio di leale collaborazione, espressamente menzionato ora nel titolo V della Costituzione. In particolare, risulta violato l'art. 2, comma 3, d.lgs. n. 281/1997, in base al quale "la Conferenza Stato-Regioni e' obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano". Ne' si puo' obiettare che, nel caso di specie, la consultazione non era possibile, dato che l'art. 2, comma 5, d.lgs. n. 281 disciplina espressamente i casi di urgenza: "quando il Presidente del Consiglio dei ministri dichiara che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza Stato-Regioni e' consultata successivamente ed il Governo tiene conto dei suoi pareri: a) in sede di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge". Dunque, la mancata consultazione della Conferenza risulta comunque illegittima. Si tenga presente, per comprendere l'importanza del principio di leale collaborazione nel nuovo titolo V, anche il modo in cui esso viene concretato dall'art. 11 legge Cost. n. 3/2001. La circostanza che non sia ancora stata realizzata la speciale composizione integrata della commissione parlamentare per le questioni regionali non toglie che il principio di partecipazione regionale al procedimento legislativo delle leggi statali ordinarie, quando queste intervengono in materia di competenza concorrente, ha ora espresso riconoscimento costituzionale. Del resto, e' da sottolineare che codesta Corte costituzionale gia' nella sent. n. 398 del 1998 (punto 16 del Diritto) ha annullato una norma legislativa statale incidente sulle competenze regionali per mancato coinvolgimento delle regioni nel procedimento legislativo. 5. - Illegittimita' dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, per il caso che venga riferito a materia delegata alla Provincia autonoma di Trento. Come si e' gia' visto, l'art. 9-bis d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280 (aggiunto dal d.lgs. n. 430/1995), ha "delegato alle Province autonome di Trento e Bolzano, l'esercizio delle funzioni amministrative attribuite all'ufficio regionale e agli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione di Trento e Bolzano nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego ricadenti nei rispettivi territori", trasferendo alle province i relativi uffici e prevedendo che esse disciplinino con legge l'organizzazione delle funzioni delegate. Si potrebbe dunque ipotizzare che le norme impugnate riguardino non materie di competenza propria della Provincia autonoma di Trento ma una materia delegata. A parere della provincia questa interpretazione non e' corretta, in quanto le norme impugnate intervengono in materie (indicate nella parte in Fatto) proprie della provincia ai sensi dello statuto speciale o, ora, rientranti nell'art. 117, commi 3 e 4, Cost., ne' il carattere proprio delle funzioni puo' essere smentito dalla circostanza che il CLES debba essere istituito presso uffici gia' titolari di funzioni delegate: funzioni del resto che, comunque, non rientrano nelle materie di cui all'art. 117, comma 2, per cui anch'esse devono ormai considerarsi di competenza propria della provincia. Inoltre, si puo' osservare che l'art. 1-bis legge n. 383/2001 non attribuisce funzioni propriamente alle direzioni provinciali del lavoro, ma ad un organo istituito presso le direzioni, composto di membri designati dai soggetti piu' vari e nominati dal prefetto. Le direzioni provinciali del lavoro, dunque, piu' che titolari della funzione appaiono come i supporti organizzativi dei CLES. Comunque, se anche si volesse far ricadere l'art. 1-bis legge n. 383/2001 nel regime di cui all'art. 9-bis d.P.R. 22 mazzo 1974, n. 280, si porrebbe con evidenza il problema della compatibilita' della disciplina analitica statale con quanto disposto dallo stesso art. 9-bis, comma 3, secondo cui "le province disciplinano con legge l'organizzazione delle funzioni delegate". Con la delega le norme di attuazione affidano all'autonomia provinciale la disciplina organizzativa della funzione: il che appare poco compatibile con una normativa statale che dispone l'obbligatoria creazione, la precisa composizione e la competenza statale alla nomina del CLES. Ne' si puo' porre in dubbio l'impugnabilita' della norma statale per violazione dell'art. 9-bis d.P.R. n. 280/1974: da un lato le norme di attuazione hanno, come noto, competenza riservata e separata rispetto alle leggi ordinarie statali, dall'altro la delega di cui all'art. 9-bis ha senz'altro carattere "organico", avendo il "fine di realizzare nelle Province di Trento e Bolzano un organico sistema di servizi per l'impiego".